News / Giurisprudenza
Corte Costituzionale - Rifiuti - Regione Puglia - Smaltimento di rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi provenienti dal territorio extraregionale
	
	ANNO 2009
	
	REPUBBLICA 
	ITALIANA
	
	IN NOME DEL 
	POPOLO ITALIANO
	
	LA CORTE 
	COSTITUZIONALE
	
	composta dai 
	signori:
	
	
	- 
	
	
	- Francesco      
	AMIRANTE    
	   Giudice
	
	
	- Paolo          
	MADDALENA        
	
	
	"
	
	
	- Alfio          
	FINOCCHIARO      
	
	
	"
	
	
	- Alfonso        
	QUARANTA         
	
	
	"
	
	
	- Franco         
	GALLO      
	      
	
	
	"
	
	
	- Luigi          
	MAZZELLA         
	
	
	"
	
	
	- Gaetano        
	SILVESTRI        
	
	
	"
	
	
	- Sabino         
	CASSESE          
	
	
	"
	
	
	- 
	
	
	- Giuseppe       
	TESAURO          
	
	
	"
	
	
	- 
	
	
	- Giuseppe       
	FRIGO      
	      
	
	
	"
	
	
	- Alessandro     
	CRISCUOLO        
	
	
	"
	ha pronunciato la seguente
	SENTENZA
	nei giudizi di legittimità 
	costituzionale dell'art. 3, comma 1, della legge della Regione 
	Puglia 31 
	ottobre 2007, n. 29 
	(Disciplina per lo smaltimento dei rifiuti speciali pericolosi e non 
	pericolosi, prodotti al di fuori della Regione Puglia, che transitano nel 
	territorio regionale e sono destinati a impianti di smaltimento siti nella 
	Regione Puglia), promossi con ordinanze del 21 febbraio 2008 dal 
	Tribunale 
	amministrativo regionale della Puglia, sezione staccata di Lecce, e del 24 
	aprile 2008 dal Tribunale amministrativo regionale della Puglia, 
	sezione prima, sui ricorsi proposti dalla 
	Vergine 
	S.r.l. ed altri contro la Regione Puglia ed altri e dalla Società Recuperi 
	Pugliesi S.r.l. contro la Provincia di Bari ed altra, 
	iscritte ai nn. 144 e 259 del registro ordinanze 2008 e pubblicate nella
	Gazzetta Ufficiale della 
	Repubblica nn. 21 e 37, prima serie speciale, dell'anno 2008.
	
	   
	Visti gli atti di 
	costituzione della 
	
	Vergine S.r.l., del Comune di Faggiano ed altri e del Comitato “Vigiliamo 
	per la discarica”, della Società Recuperi Pugliesi S.r.l. e della Regione 
	Puglia;
	
	   
	udito 
	nell'udienza pubblica del 16 dicembre 2008 il Giudice relatore 
	
	   
	uditi 
	gli avvocati Pietro Quinto per 
	
	Ritenuto 
	in fatto
	
	    1. – Con ordinanza 
	del 21 febbraio 2008 (r.o. n. 144 del 2008), il Tribunale amministrativo 
	regionale della Puglia, sezione staccata di Lecce, ha sollevato, 
	in riferimento agli articoli 117, terzo comma, 41 e 120 della Costituzione, 
	questione di legittimità costituzionale dell'art. 3, comma 1, della legge 
	della Regione Puglia 31 ottobre 2007, n. 29 
	(Disciplina per lo smaltimento dei rifiuti speciali pericolosi e non 
	pericolosi, prodotti al di fuori della Regione Puglia, che transitano nel 
	territorio regionale e sono destinati a impianti di smaltimento siti nella 
	Regione Puglia). 
	   
	Secondo il rimettente, la norma regionale denunciata non si 
	conformerebbe ai principi fondamentali posti dalla legislazione statale, con 
	riferimento allo smaltimento dei rifiuti speciali pericolosi e non 
	pericolosi, in particolare dal decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, 
	recante norme di «Attuazione delle direttive 91/156/CEE sui rifiuti, 
	91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e 94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti 
	di imballaggio», il cui contenuto è stato trasfuso nel decreto legislativo 3 
	aprile 2006, n. 152, recante «Norme in materia ambientale», in quanto 
	verrebbe a porre delle limitazioni territoriali allo stesso.
	
	    1.1. – Il Tar 
	Puglia ha sollevato la questione di legittimità costituzionale della citata 
	disposizione nel corso di un giudizio promosso dalla Società Vergine S.r.l. 
	– titolare di una discarica di rifiuti speciali non pericolosi, operante nel 
	territorio del comune di Taranto – per ottenere l'annullamento di una 
	nota-provvedimento del Settore Ecologia ed Ambiente della Provincia di 
	Taranto, con la quale, secondo la ricostruzione operata dal giudice a quo, 
	si è vietato alla Società, in applicazione della legge regionale n. 29 del 
	2007, lo smaltimento in Puglia di rifiuti speciali non pericolosi 
	provenienti da altre Regioni. 
	
	    1.2. – Quanto al 
	profilo della rilevanza, il giudice a quo 
	– data la natura 
	provvedimentale della richiamata nota e lo stretto collegamento esistente 
	tra la nuova disciplina sullo smaltimento dei rifiuti speciali e pericolosi 
	prodotti al di fuori della Regione Puglia, di cui alla legge regionale n. 29 
	del 2007, ed il contenuto dell'atto impugnato – ritiene che la decisione del 
	ricorso non possa prescindere dalla soluzione della questione di legittimità 
	costituzionale della norma censurata, regolatrice della fattispecie di cui 
	trattasi.
	   
	1.3. – Quindi, secondo il 
	rimettente, non 
	inciderebbe sulla questione di costituzionalità la normativa comunitaria 
	vigente in materia di smaltimento di rifiuti – direttiva n. 2006/12/CE del 5 
	aprile 2006 (Direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio relativa ai 
	rifiuti) e regolamento 2006/1013/CE del 14 giugno 2006 (Regolamento 
	2006/1013/CE del 14 giugno 2006, relativo alla spedizione dei rifiuti) – in 
	quanto sia la citata direttiva che il regolamento CE, pur conferendo agli 
	Stati membri la facoltà di limitare la movimentazione dei rifiuti, non 
	contengono prescrizioni precise e di automatica esecuzione, che possano 
	trovare applicazione alla fattispecie oggetto del giudizio a quo.
	
	
	    1.4. – Quanto alla 
	non manifesta infondatezza, il Tar rimettente richiama – per estenderne la 
	portata anche al fine di risolvere l'odierno incidente di costituzionalità – 
	le affermazioni contenute in diverse sentenze rese dalla Corte 
	costituzionale in materia (sentenze n. 12 del 2007, n. 161 del 2005, n. 505 
	del 2002, n. 335 del 2001, n. 281 del 2000 e n. 196 del 1998), secondo cui, 
	in sintesi, il principio dell'autosufficienza dello smaltimento dei rifiuti 
	urbani non pericolosi, di cui all'art. 182, comma 5, del d.lgs. 3 aprile 
	2006, n. 152 – 
	nel quale 
	è stato trasfuso l'art. 5, comma 5, del d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 
	– 
	 non è applicabile nei confronti dei 
	rifiuti pericolosi o speciali, rispetto ai quali è invece prevalente il 
	criterio della necessaria individuazione di impianti appropriati per la 
	relativa eliminazione, criterio la cui applicazione non consente di 
	predeterminare un ambito territoriale di smaltimento. 
	
	    
	  Pertanto, secondo il Tar, la 
	norma denunciata, limitando lo smaltimento di rifiuti speciali pericolosi e 
	non pericolosi provenienti dal territorio extraregionale alle sole ipotesi 
	in cui le strutture site nella regione Puglia costituiscano gli impianti di 
	smaltimento appropriati più vicini al luogo di produzione dei medesimi 
	rifiuti speciali, integra (nei termini di cui alla sentenza n. 505 del 2002) 
	un “divieto relativo” allo smaltimento che, sulla base della citata 
	giurisprudenza della Corte Costituzionale, contrasterebbe con gli artt. 117, 
	terzo comma, 120 e 41 della Costituzione.
	
	     Ad avviso del 
	rimettente, infatti, l'art. 3, comma 1, della legge regionale Puglia n. 29 
	del 2007, si porrebbe in contrasto con l'art. 117, terzo comma, Cost., in 
	quanto non rispettoso dei principi fondamentali previsti dalla legislazione 
	statale, ed, in particolare, dal d.lgs. n. 152 del 2006. La norma regionale 
	verrebbe altresì a violare l'art. 120 Cost., in quanto l'impugnata normativa 
	regionale determinerebbe una ingiustificata limitazione della libertà di 
	circolazione delle cose tra le Regioni, nonché l'art. 41 Cost., poiché la 
	previsione inciderebbe ingiustificatamente sia sulla posizione dei gestori 
	degli impianti di smaltimento, che verrebbero penalizzati dalla creazione di 
	ostacoli alla libera circolazione delle merci tra le Regioni, sia su quella 
	dei produttori di rifiuti, i quali, proprio in ragione dei predetti vincoli, 
	subirebbero le connesse inefficienze del servizio di smaltimento.
	
	    2. – Si è 
	costituita 
	
	     
	
	2.1. – Con successiva memoria del 25 novembre 2008, la Società Vergine 
	S.r.l. ha ribadito l'illegittimità costituzionale della legge regionale per 
	eccesso di potere legislativo e per violazione dei principi fondamentali 
	previsti dalla legislazione statale. La difesa della Società sostiene che la 
	«mappatura» sulla cui base, secondo l'interventore
	ad opponendum, nel giudizio
	a quo, Comitato “Vigiliamo per la 
	discarica”, sarebbe astrattamente possibile rilasciare le certificazioni 
	richieste dalla legge regionale n. 29 del 2007 – Rapporto Rifiuti 2006 – 
	contiene dati insufficienti per consentire alle autorità amministrative 
	delle altre Regioni di provvedere alla concessione delle dette 
	certificazioni, stante l'assenza dell'indicazione del quantitativo 
	giornaliero autorizzato per ciascun impianto, dei codici CER autorizzati 
	(indicativi delle tipologie di rifiuti speciali trattabili) e 
	dell'obsolescenza dei dati del relativo documento. 
	   
	Secondo 
	   
	La difesa della società, sostiene, quindi, che quanto previsto dalla 
	legge regionale n. 29 del 2007 costituisce materia che rientra nella sfera 
	di competenza esclusiva dello Stato relativamente all'ambiente e, 
	richiamando la recente sentenza della Corte costituzionale n. 62 del 2008, 
	afferma che l'intervento regionale, legittimato dalla tutela di interessi 
	rientranti nella relativa competenza, possa avvenire solo nel rispetto dei 
	livelli uniformi di tutela apprestati dallo Stato, circostanza non 
	realizzatasi con riferimento alla normativa impugnata. 
	   
	Infine, la Società deduce l'incostituzionalità della disposizione 
	regionale per violazione non solo dei già evocati parametri, ma anche degli 
	artt. 32, 117, primo comma, e 3 della Costituzione. 
	
	    3. – Si è 
	costituita 
	   
	Quanto all'inammissibilità, la difesa della Regione ritiene, 
	innanzitutto, che la questione sia priva della necessaria rilevanza ai fini 
	della definizione del giudizio a quo, 
	dato che la nota impugnata davanti al Tar non costituisce mera o piana 
	applicazione della legge regionale, oggetto del presente giudizio, la quale 
	non dispone affatto un divieto di smaltimento, ma prevede solamente che i 
	rifiuti speciali siano smaltiti nell'impianto idoneo più vicino al luogo 
	della loro produzione. Comunque, sempre secondo la Regione, essa sarebbe 
	manifestamente inammissibile per carenza di motivazione sull'effettiva 
	incidenza che l'intervento correttivo richiesto avrebbe sulla decisione 
	della controversia. Ulteriore motivo di inammissibilità deriverebbe, sempre 
	per la difesa regionale, dal non aver il rimettente esercitato il potere 
	interpretativo-applicativo, riconosciutogli dall'ordinamento, e non aver 
	proceduto, di conseguenza, a dare un'interpretazione della norma impugnata 
	conforme ai principi costituzionali.
	   
	La questione sarebbe altresì inammissibile per non avere il 
	rimettente correttamente specificato l'oggetto del giudizio, dato che per 
	individuare la norma da sottoporre alla valutazione della Corte non ci si 
	deve limitare al solo art. 3 della legge regionale n. 29 della 2007, ma 
	occorre riferirsi al combinato disposto degli artt. 2, 3 e 4 della medesima 
	legge, la quale, sempre secondo la difesa della Regione, non conterrebbe 
	alcun divieto allo smaltimento di rifiuti pericolosi o non pericolosi di 
	provenienza extraregionale, ma delineerebbe un sistema perfettamente 
	equilibrato. 
	   
	In via subordinata, la difesa della Regione sostiene l'infondatezza 
	della questione, in quanto il regime previsto dall'art. 3 della legge 
	regionale n. 29 del 
	
	    4. – Si sono 
	costituiti i Comuni di Faggiano, Fragagnano, Lizzano e Monteparano e, con 
	identica memoria, il Comitato “Vigiliamo per la Discarica”, tutti già parti 
	nel giudizio principale.  
	   
	Costoro hanno, in primis, 
	sostenuto l'inammissibilità della questione di legittimità costituzionale 
	della norma impugnata per la mancata valutazione, da parte del giudice a 
	quo, della 
	conformità della stessa alle direttive n. 75/442/CEE (Direttiva del 
	Consiglio relativa ai rifiuti), n. 2006/12/CE del 5 aprile 2006 (Direttiva 
	del Parlamento europeo e del Consiglio relativa ai rifiuti), al regolamento 
	del Parlamento europeo e del Consiglio n. 2006/1013/ del 14 giugno 2006, 
	nonché a numerose sentenze della Corte di Giustizia. La valutazione di tali 
	atti avrebbe consentito al giudice a 
	quo, prima di rimettere la questione alla Corte, di constatare come la 
	disciplina regionale impugnata abbia coerentemente applicato il principio 
	comunitario di prossimità dello smaltimento dei rifiuti, volto a limitare la 
	circolazione degli stessi ed a favorirne lo smaltimento nell'impianto 
	appropriato più vicino al luogo di produzione. 
	   
	Infine, gli stessi hanno sottolineato la conformità e coerenza della 
	previsione denunciata anche con i principi costituzionali (in particolare 
	con l'art. 117, comma terzo, Cost.), nonché con gli artt. 3-bis, 
	3-ter, 182 e 199 del d.lgs. n. 
	152 del 2006, costituendo concreta attuazione del principio di prossimità 
	richiamato da tale decreto legislativo.
	   
	5. – Con successiva ordinanza del 24 aprile del 2008 (r.o. n. 259 del 
	2008), lo stesso Tar Puglia, sezione prima, ha sollevato analoga questione 
	di costituzionalità della medesima norma regionale, in riferimento agli 
	artt. 117, secondo comma, lettera s), 
	41, primo comma, e 120, primo comma, della Costituzione. 
	   
	La questione è stata sollevata nel corso di un giudizio (del tutto 
	simile a quello oggetto dell'ordinanza n. 144 del 2008) promosso dalla 
	Società Recuperi Pugliesi S.r.l. – operante nel settore smaltimento e 
	recupero rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi nella provincia di 
	Bari – per ottenere 
	
	l'annullamento di una nota-provvedimento del Dirigente del settore “Rifiuti” 
	della relativa Provincia con la quale si è vietato alla detta Società, in 
	applicazione della legge regionale n. 29 del 2007, lo smaltimento di rifiuti 
	speciali provenienti da altre Regioni.
	
	    5.1. – Il 
	rimettente ritiene rilevante, ai fini della definizione del giudizio 
	principale, la decisione sulla dedotta questione di costituzionalità, dal 
	momento che sussiste uno stretto collegamento tra la nuova disciplina 
	regionale e l'emanazione del provvedimento impugnato nel giudizio a quo, 
	in quanto la nuova regolamentazione rende di fatto impossibile lo 
	smaltimento in Puglia di rifiuti provenienti dalle altre regioni italiane: 
	la decisione del ricorso, pertanto, non può prescindere dalla questione di 
	legittimità costituzionale. 
	
	    Infatti, mentre 
	l'applicazione dell'art. 3, comma 1, della legge regionale Puglia n. 29 del 
	2007, comporterebbe il rigetto del ricorso in esame, al contrario, la 
	dichiarazione d'incostituzionalità della norma priverebbe della sua base 
	legislativa il provvedimento amministrativo impugnato nel giudizio a quo.
	
	    5.2. – Anche in 
	questa ordinanza, il rimettente afferma, primariamente, la non 
	rilevanza nella presente questione di costituzionalità della normativa 
	comunitaria vigente in materia di smaltimento di rifiuti – direttiva n. 
	12/2006/CE del 5 aprile 2006 e regolamento n. 1013/2006/CE del 14 giugno 
	2006 – con motivazioni pressoché identiche a quelle espresse sul punto dal 
	Tar Puglia, sezione staccata di Lecce, nella precedente ordinanza. 
	
	    5.3. – Quindi, 
	dopo un ampio ed analitico esame della giurisprudenza costituzionale in 
	tema, e sulla base di motivazioni analoghe a quelle svolte dall'altro 
	rimettente, il giudice a quo denuncia il contrasto dell'art. 3, comma 
	1, della legge regionale Puglia n. 29 del 2007 con gli artt. 117, secondo 
	comma, lettera s), 41, primo 
	comma, e 120, primo comma, della Costituzione. 
	
	    La norma 
	denunciata violerebbe, innanzitutto, l'art. 117, secondo comma, lettera
	s), Cost., in quanto invasiva 
	della competenza esclusiva attribuita dalla predetta norma allo Stato in 
	materia di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema e in quanto non sarebbe 
	rispettosa dei principi fondamentali previsti dalla legislazione statale. 
	Inoltre, la disposizione regionale censurata sarebbe in contrasto con gli 
	artt. 41, primo comma, e 120, primo comma, Cost.. Le motivazioni fatte 
	valere sono identiche a quelle svolte dall'altro rimettente nell'ordinanza 
	n. 144 del 2008.
	
	    6. – Si è 
	costituita 
	
	    7. 
	– Si è costituita 
	   
	7.1. – In prossimità dell'udienza pubblica, la difesa della Regione 
	Puglia ha depositato memoria con la quale insiste per una declaratoria di 
	(manifesta) inammissibilità e, in subordine, di (manifesta) infondatezza 
	della presente questione, con argomentazioni identiche a quelle svolte 
	nell'atto di costituzione del 3 giugno 2008, relativo alla precedente 
	questione.
	
	Considerato in diritto
	   
	1. – 
	Il 
	Tribunale amministrativo regionale della Puglia, sezione staccata di Lecce, 
	dubita, in riferimento agli 
	articoli 117, terzo comma, 120 e 41 della Costituzione, 
	della legittimità costituzionale dell'art. 3, comma 1, della legge della 
	Regione Puglia 31 ottobre 2007, n. 29 
	(Disciplina per lo smaltimento dei rifiuti speciali pericolosi e non 
	pericolosi, prodotti al di fuori della Regione Puglia, che transitano nel 
	territorio regionale e sono destinati a impianti di smaltimento siti nella 
	Regione Puglia), nella parte in cui,
	limitando lo smaltimento di 
	rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi provenienti dal territorio 
	extraregionale alle sole ipotesi in cui le strutture site nella regione 
	Puglia costituiscano gli impianti di smaltimento appropriati più vicini al 
	luogo di produzione dei medesimi rifiuti speciali, integra un “divieto 
	relativo” allo smaltimento (nei termini di cui alla sentenza n. 505 del 
	2002). 
	   
	2. – Successivamente, con ordinanza del 24 aprile 2008 (r.o. n. 259), 
	la sezione prima dello stesso Tribunale amministrativo regionale della 
	Puglia, ha sollevato analoga questione di legittimità costituzionale della 
	citata norma regionale, in riferimento agli articoli 117, secondo comma, 
	lettera s), 120, primo comma, e 
	41, primo comma,  della 
	Costituzione.
	   
	La disposizione censurata violerebbe, con identiche motivazioni di 
	cui alla sopra citata ordinanza, gli artt. 120, primo comma, e 41, primo 
	comma, della Costituzione. La stessa sarebbe, altresì, in contrasto con 
	l'art. 117, secondo comma, lettera s), 
	Cost., poiché, secondo il rimettente, invasiva della competenza esclusiva 
	attribuita dalla predetta norma allo Stato in materia di tutela 
	dell'ambiente e dell'ecosistema (nei termini di cui alla sentenza n. 161 del 
	2005) e non rispettosa dei principi fondamentali previsti dalla legislazione 
	statale in materia ambientale (ora dal decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 
	152, recante “Norme in materia ambientale”).
	   
	3. – Deve essere disposta la riunione dei relativi giudizi ai fini di 
	una trattazione unitaria e di un'unica decisione, in quanto concernenti la 
	stessa disposizione e relativi a questioni del tutto analoghe.
	
	   
	4. – Preliminarmente, per entrambe le questioni, è da considerare che 
	il giudizio non può estendersi a valutare se la censurata disposizione 
	regionale abbia violato i parametri evocati dalla Società Vergine s.r.l. e 
	dalla Società Recuperi Pugliesi in aggiunta rispetto a quelli del Tar 
	rimettente (e cioè degli artt. 32, 117, primo comma, e 3 Cost.), in quanto, 
	per giurisprudenza costituzionale costante, l'oggetto del giudizio 
	incidentale di costituzionalità è individuato esclusivamente dall'ordinanza 
	di rimessione, rimanendo estraneo al giudizio stesso l'esame di ulteriori 
	parametri prospettati dalle parti private costituite (sentenze n. 362 e n. 
	325 del 2008; ordinanza n. 242 del 2006).
	   
	5. – Sempre in via preliminare e in relazione alla questione
	sub r.o. n. 144 del 2008, è da 
	disattendere l'eccezione di inammissibilità dedotta dalla difesa dei 
	Comuni di Faggiano, Fragagnano, Lizzano e Monteparano e del Comitato 
	“Vigiliamo per la Discarica” 
	riguardo alla mancata valutazione, da parte del giudice a quo,
	della conformità della stessa alla normativa comunitaria vigente 
	in materia di smaltimento rifiuti 
	– in 
	particolare con riferimento alla direttiva n. 12/2006/CE del 5 aprile 2006, 
	al regolamento n. 1013/2006/CE del 14 giugno 2006, alla sentenza della Corte 
	di giustizia CE del 9 luglio 1992, resa nella causa C-2/90, alla sentenza 
	della Corte di giustizia CE del 17 marzo 1993, resa nella causa C-155/91 ed 
	alla sentenza della Corte di giustizia Ce del 28 giugno 1994, resa nella 
	causa C-187/93 – avendo
	
	
	il rimettente non implausibilmente ritenuto irrilevante, nella presente 
	questione di costituzionalità, il riferimento al diritto comunitario. Il 
	giudice a
	quo afferma, infatti, che, in 
	detto ambito, tale normativa si limita «semplicemente a legittimare la 
	potestà degli Stati membri di limitare il movimento dei rifiuti, senza 
	prevedere prescrizioni dal contenuto preciso ed autoapplicativo che possano 
	trovare applicazione nel caso concreto».
	
	    5.1. – Sono, 
	altresì, da disattendere le eccezioni di inammissibilità formulate dalla 
	Regione.
	
	    Nell'ordinanza del 
	21 febbraio 2008 della sezione staccata di Lecce del Tar Puglia si riferisce 
	che nell'atto impugnato, dopo che era data comunicazione della pubblicazione 
	nel BURP della legge regionale de quo, 
	si affermava che in forza «della predetta Legge è vietato lo smaltimento in 
	Puglia dei rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi provenienti da altre 
	regioni se non accompagnati da una certificazione attestante l'inesistenza o 
	l'inoperatività di impianti più vicini al luogo di produzione del medesimo 
	rifiuto. Pertanto è conseguentemente vietato il conferimento in Puglia di 
	rifiuti speciali provenienti anche dalle Regioni Lazio, Toscana e Umbria».
	
	    Nell'ordinanza del 
	24 aprile 2008 della prima sezione del Tar Puglia si riferisce, parimente, 
	che nell'atto sottoposto al suo giudizio, dopo che era stata richiamata la 
	disciplina contenuta nella legge regionale n. 29 del 2007, si precisava che 
	«ove lo smaltimento di rifiuti speciali, presso impianti ubicati nel 
	territorio regionale, avvenga in violazione delle richiamate disposizioni, 
	si riterranno inadempiute le prescrizioni di gestione contenute nei 
	provvedimenti autorizzatori con conseguente comminatoria delle sanzioni 
	normativamente previste».
	
	    Di fronte ad 
	indicazioni precettive di tale tenore, è, quanto meno, non implausibile il 
	convincimento del giudice a quo 
	che, ritenendo, in entrambi i casi, l'atto amministrativo corretta 
	applicazione della legge regionale e ritenendo, altresì, che ogni sforzo 
	interpretativo per rendere la norma che doveva applicare conforme al dettato 
	costituzionale si infrangesse contro i limiti che il nostro ordinamento pone 
	all'attività ermeneutica, lo ha indotto a sollevare la questione di 
	legittimità costituzionale sul presupposto della sua rilevanza per la 
	definizione del giudizio di sua competenza.
	
	    Con riferimento, 
	infine, alla lamentata non corretta specificazione dell'oggetto del 
	giudizio, per avere i due rimettenti censurato solo l'art. 3 della legge in 
	esame (rectius: solo il primo 
	comma dell'art. 3) tralasciando di prendere in considerazione la portata 
	complessiva di tale normativa che richiederebbe, per essere compiutamente 
	compresa, di estendere l'esame anche agli artt. 2 e 4, è sufficiente, per 
	ritenere l'eccezione inammissibile, osservare che i rimettenti hanno 
	individuato nel primo comma dell'art. 3 il nucleo centrale della legge, in 
	quanto in esso era ravvisato il contrasto con i parametri costituzionali 
	invocati. In effetti, come sarà precisato nel successivo punto 11, il venir 
	meno della norma denunciata viene a privare le altre disposizioni regionali 
	evocate dalla Regione Puglia di autonoma portata regolatrice.
	       
	   
	6. – Nel merito, la questione è fondata.
	   
	7. – Questa Corte già più volte è intervenuta sui limiti che incontra 
	la legislazione regionale nel disciplinare lo smaltimento dei rifiuti di 
	provenienza extraregionale, pervenendo ad una duplice soluzione in relazione 
	alla tipologia dei rifiuti in questione. 
	   
	Mentre da un lato si è statuito che, alla stregua del principio di 
	autosufficienza stabilito espressamente, ora, dall'art. 182, comma 5, del 
	decreto legislativo n. 152 del 2006, ma, già in passato, affermato dall'art. 
	5, comma 5, del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 (Attuazione delle 
	direttive 91/156/CEE sui rifiuti, 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e 
	94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio), il divieto di 
	smaltimento dei rifiuti di produzione extraregionale è applicabile ai 
	rifiuti urbani non pericolosi, dall'altro, invece, si è affermato che il 
	principio dell'autosufficienza locale ed il connesso divieto di smaltimento 
	dei rifiuti di provenienza extraregionale non possono valere né per quelli 
	speciali pericolosi (sentenze n. 12 del 2007, n. 62 del 2005, n. 505 del 
	2002, n. 281 del 2000), né per quelli speciali non pericolosi (sentenza n. 
	335 del 2001).  
	   
	Si è, infatti, rilevato che per tali tipologie di rifiuti non è 
	possibile preventivare in modo attendibile la dimensione quantitativa e 
	qualitativa del materiale da smaltire, cosa che, conseguentemente, rende 
	impossibile «individuare un ambito territoriale ottimale che valga a 
	garantire l'obiettivo della autosufficienza nello smaltimento» (sentenza n. 
	335 del 2001). 
	   
	8. – Con particolare riguardo al trasporto dei rifiuti, poi, questa 
	Corte ha escluso che le Regioni, sia ad autonomia ordinaria, sia ad 
	autonomia speciale, possano adottare misure volte ad ostacolare «in 
	qualsiasi modo la libera circolazione delle persone e delle cose fra le 
	Regioni» (sentenze n. 64 del 2007; n. 247 del 2006; n. 62 del 2005 e n. 505 
	del 2002) e ha reiteratamente ribadito «il vincolo generale imposto alle 
	Regioni dall'art. 120, primo comma, della Costituzione, che vieta ogni 
	misura atta ad ostacolare la libera circolazione delle cose e delle persone 
	fra le Regioni» (sentenza n. 161 del 2005).
	   
	Sulla base di tali rilievi, questa Corte ha ritenuto che numerose 
	disposizioni regionali, le quali vietavano lo smaltimento di rifiuti di 
	provenienza extraregionale diversi da quelli urbani non pericolosi, fossero 
	in contrasto con l'art. 120 della Costituzione, sotto il profilo 
	dell'introduzione di ostacoli alla libera circolazione di cose tra le 
	regioni, oltre che con i principi fondamentali delle norme di riforma 
	economico-sociale introdotti dal decreto legislativo n. 22 del 1997, e 
	riprodotti dal d.lgs. n. 152 del 2006. 
	  
	  9. – Anche se l'impugnata disposizione regionale pone allo 
	smaltimento di rifiuti di provenienza extraregionale un divieto non 
	assoluto, ma relativo – in quanto consente lo smaltimento dei rifiuti 
	speciali pericolosi e non pericolosi extraregionali «a condizione che quelli 
	siti nella regione Puglia siano gli impianti di smaltimento appropriati più 
	vicini al luogo di produzione dei medesimi rifiuti speciali» – non viene 
	meno l'illegittimità costituzionale della disposizione impugnata. Questa 
	Corte ha, infatti, già ritenuto che lo stabilire, da parte di una norma 
	regionale, un divieto sia pur relativo e non assoluto, come quello del caso 
	in esame, non «giustifica una valutazione diversa da quella riservata dalle 
	citate sentenze alle norme allora scrutinate, che imponevano un divieto 
	assoluto» (sentenza n. 505 del 2002). 
	   
	Pertanto, l'art. 3, comma 1, della legge della Puglia n. 29 del 2007 
	– in quanto prevede limitazioni, seppur relative, all'introduzione di 
	rifiuti speciali nel territorio della regione – viola l'art. 120 della 
	Costituzione, il quale vieta alle Regioni di adottare provvedimenti che 
	siano di ostacolo alla libera circolazione delle cose.
	   
	10. – Parimenti fondata è la censura relativa alla violazione della 
	competenza esclusiva statale nella materia
	de qua.
	   
	La disciplina dei rifiuti si colloca, per consolidata giurisprudenza 
	di questa Corte, nell'ambito della "tutela dell'ambiente e dell'ecosistema", 
	di competenza esclusiva statale ai sensi dell'art. 117, secondo comma, 
	lettera s), della Costituzione. 
	La norma regionale impugnata – prevedendo un divieto, legato a limitazioni 
	territoriali, allo smaltimento extraregionale dei rifiuti speciali 
	pericolosi e non pericolosi – viene a porsi in contrasto con quanto 
	stabilito dal comma 3 dell'art. 182 del d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (che 
	riproduce l'espressione precedentemente contenuta nel comma 3 dell'art. 5 
	del d.lgs. 5 febbraio 1997, n. 22), che non prevede specifici divieti, pur 
	manifestando favore verso «una rete integrata ed adeguata di impianti» «per 
	permettere lo smaltimento dei rifiuti in uno degli impianti appropriati più 
	vicini ai luoghi di produzione o raccolta al fine di ridurre i movimenti dei 
	rifiuti stessi». Laddove nella disciplina statale l'utilizzazione 
	dell'impianto di smaltimento più vicino al luogo di produzione dei rifiuti 
	speciali viene a costituire la prima opzione da adottare, ma ne “permette” 
	anche altre, nella disciplina regionale impugnata costituisce la soluzione 
	obbligata. Tale divieto viene, altresì, a contrastare con lo stesso concetto 
	di «rete integrata di impianti di smaltimento» che presuppone una 
	possibilità di interconnessione tra i vari siti che vengono a costituire il 
	sistema integrato e non ostruzioni determinate da blocchi che impediscano 
	l'accesso ad alcune sue parti.   
	    
	 Il divieto è legittimo, per quanto in precedenza rilevato al punto 
	7, con riferimento ai rifiuti urbani non pericolosi in quanto è la normativa 
	statale che lo prevede, mentre si pone in contrasto con la Costituzione 
	nella parte in cui una fonte di produzione legislativa regionale lo venga a 
	contemplare nei confronti degli altri tipi di rifiuti di provenienza 
	extraregionale. 
	   
	L'accoglimento della questione di legittimità costituzionale con 
	riferimento a questi parametri assorbe
	le residue censure di illegittimità 
	dedotte dai rimettenti.
	   
	11. – Poiché le restanti disposizioni contenute nella legge regionale 
	presentano una inscindibile connessione con quella oggetto di specifica 
	impugnazione, la declaratoria di illegittimità costituzionale va, di 
	conseguenza, estesa alle restanti disposizioni contenute nella legge della 
	Regione Puglia n. 29 del 2007.
	
	LA CORTE COSTITUZIONALE
	
	   
	riuniti i giudizi,
	
	
	   
	dichiara 
	l'illegittimità costituzionale dell'art. 
	3, comma 1, della legge della Regione Puglia 31 ottobre 2007, n. 29 
	(Disciplina per lo smaltimento dei rifiuti speciali pericolosi e non 
	pericolosi, prodotti al di fuori della Regione Puglia, che transitano nel 
	territorio regionale e sono destinati a impianti di smaltimento siti nella 
	Regione Puglia), nonché delle restanti disposizioni della medesima legge 
	regionale.
	
	   
	Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo 
	della Consulta, il 
	14 gennaio 2009.
	
	F.to:
	
	
	
	
	Depositata in 
	
	Il Cancelliere