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News / Giurisprudenza / Corte costituzionale

21-07-2012

Corte Costituzionale, illegittime le norme che obbligano la privatizzazione dei servizi pubblici locali

La Corte Costituzionale, con  la sentenza n. 199 del 20 luglio 2012, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 4 del D.L. 138/2011 (manovra bis di ferragosto), conv. con modif., dalla L. 148/2011, sia nel testo originario che in quello risultante dalle successive modificazioni.

La norma prevedeva l'obbligo per gli Enti pubblici di privatizzare i servizi pubblici locali, quali i trasporti e rifiuti, ad esclusione dell'acqua ed è stata abrogata in quanto viola il divieto di ripristino della normativa abrogata dalla volontà popolare desumibile dall'art. 75 Cost..

Il citato art. 4 (recante "Adeguamento della disciplina dei servizi pubblici locali al referendum popolare e alla normativa dall'Unione europea"), era stato adottato dopo che, con D.P.R. 18 luglio 2011, n. 113 (a seguito di referendum popolare) era stata dichiarata l'abrogazione dell'art. 23-bis del D.L. 112 del 2008, recante la precedente disciplina dei servizi pubblici locali di rilevanza economica.

La nuova disciplina dei servizi pubblici locali di rilevanza economica, non solo è contraddistinta dalla medesima ratio di quella abrogata, in quanto opera una drastica riduzione delle ipotesi di affidamenti in house, al di là di quanto prescritto dalla normativa comunitaria, ma è anche letteralmente riproduttiva, in buona parte, di svariate disposizioni dell'abrogato art. 23-bis e di molte disposizioni del regolamento attuativo del medesimo art. 23-bis contenuto nel d.P.R. n. 168 del 2010.

Nonostante l'esclusione dall'ambito di applicazione della nuova disciplina del servizio idrico integrato, risulta evidente l'analogia, talora la coincidenza, della disciplina contenuta nell'art. 4 rispetto a quella dell'abrogato art. 23-bis del d.l. n. 112 del 2008 e l'identità della ratio ispiratrice.

Le poche novità introdotte dall'art. 4 accentuano, infatti, la drastica riduzione delle ipotesi di affidamenti diretti dei servizi pubblici locali che la consultazione referendaria aveva inteso escludere.

Tenuto, poi, conto del fatto che l'intento abrogativo espresso con il referendum riguardava "pressoché tutti i servizi pubblici locali di rilevanza economica" ai quali era rivolto l'art. 23-bis, non può ritenersi che l'esclusione del servizio idrico integrato dal novero dei servizi pubblici locali ai quali una simile disciplina si applica sia satisfattiva della volontà espressa attraverso la consultazione popolare, con la conseguenza che il suddetto art. 4 costituisce, sostanzialmente, la reintroduzione della disciplina abrogata con il referendum del 12 e 13 giugno 2011.

 

 



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