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16-07-2014

Cassazione penale, inquinamento idrico per rottura tubazioni e caso fortuito

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 24333 del 10 giugno 2014, ha riaffermato il principio secondo il quale “il caso fortuito e la forza maggiore hanno, quale fondamento, la eccezionalità del fatto e la imprevedibilità dello stesso e, in materia di inquinamento idrico, tali evenienze non sono ravvisabili nel verificarsi della rottura di una condotta che determini la fuoriuscita dei reflui, trattandosi di accadimento che, sebbene eccezionale, ben può, in concreto, essere previsto ed evitato”.

Nel caso di specie, la Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso avverso la sentenza del Giudice di merito, che aveva riconosciuto la responsabilità penale degli imputati per avere effettuato lo scarico di acque reflue industriali provenienti dall'attività di caseificio con recapito nella fognatura bianca ed in acque superficiali, senza essere in possesso delle prescritte autorizzazioni. La difesa sollevava la questione del caso fortuito perché lo sversamento dei reflui non depurati nella condotta delle acque meteoriche era avvenuto a causa della rottura delle tubazioni conducenti all'impianto di depurazione per eccessivo calore del refluo immesso.

Invero, secondo la Corte, il caso fortuito (articolo 45 cod. pen.) è rappresentato da un avvenimento non previsto e non prevedibile che si inserisce d'improvviso nell'azione di un soggetto, cosicché in nessun modo, neppure a titolo di colpa, lo stesso possa essere ricondotto all'attività psichica del soggetto medesimo.

A tal proposito, nella sentenza inoltre si ricorda che, con riferimento a fenomeni di inquinamento addebitabili ad inconvenienti di natura tecnica, in precedenza la giurisprudenza della Corte ha escluso l'applicabilità dell'articolo 45 cod. pen. con riferimento alla rottura di un tubo, al guasto ad una pompa che determini il cattivo funzionamento di impianti di depurazione, alla rottura di una guarnizione o alla mancanza di energia, alla bruciatura di una resistenza, alla corrosione di canalette di adduzione dei reflui conseguente all'acidità dei reflui medesimi, all'intasamento di un depuratore per la presenza di scorie all'interno ed al piegamento di un tubo destinato ad immettere nell'impianto sostanze atte all'abbattimento dei valori di determinati inquinanti. L'insussistenza del caso fortuito è stata ritenuta anche qualora il guasto si sia verificato su impianto che in precedenza non aveva mai manifestato inconvenienti tecnici.

Tali principi, formulati sotto la vigenza delle disposizioni in materia di inquinamento idrico che hanno preceduto quelle ora contemplate dal d.lgs. 152/2006, sono tuttora validi e vanno pienamente condivisi.


 


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