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News / Giurisprudenza / Rifiuti

21-06-2017

Cassazione penale, fanghi di depurazione in agricoltura

La Corte di Cassazione, con la Sentenza n. 27958 del 6 giugno 2017, si è pronunciata sull'utilizzo dei fanghi di depurazione in agricoltura.

Secondo quanto disposto dal d.lgs. 27 gennaio 1992, n. 99, i fanghi ammessi per l'uso agricolo possono essere suddivisi in tre tipologie: 1) civili (sempre ammessi), 2) urbani (ammessi solo se le caratteristiche sono sostanzialmente non diverse da quelle dei fanghi civili) e 3) da altri insediamenti (ammessi solo se assimilabili a quelli civili. Ne consegue che i fanghi di depurazione per le attività agricole devono provenire dalla depurazione di acque reflue e perciò, qualora provengano da impianti industriali, deve comunque trattarsi di reflui assimilabili a quelli civili, con la conseguenza che il predetto decreto n. 99 del 1992 disciplina unicamente i fanghi (umidi-disidratati, essiccati) provenienti da processi di depurazione degli  scarichi di insediamenti civili, misti o produttivi assimilabili ai primi, nonché i fanghi trattati, senza alcuna distinzione tra quelli derivanti da cicli di lavorazione o da processi di depurazione. Ne deriva che restano esclusi sia i fanghi di depurazione degli scarichi produttivi "non assimilabili", sia i fanghi provenienti da impianti diversi da quelli indicati dall'art. 2 del decreto n. 99 del 1992 , sia i residui da processi di potabilizzazione, sia i fanghi residuati da cicli di lavorazione non trattati e quelli non destinati all'agricoltura. Quest'ultima esclusione deriva dalla delimitazione contenuta nella direttiva (Direttiva CEE 12 giugno 1986, n. 278) che il decreto legislativo "de quo" ha recepito.

La Corte, quindi, ha condiviso l'approdo cui sono pervenuti i giudici cautelari quando hanno ritenuto che i fanghi se per le loro caratteristiche non risultano ammissibili per l'impiego in agricoltura perché, in larga misura, derivano, come nel caso di specie, da attività produttive che generano scarti liquidi di natura industriale, il fango di depurazione non può essere impiegato "tal quale" ma deve essere sottoposto, rispettate tutte le altre condizioni, a uno specifico ciclo di trattamento che ne renda compatibile l'impiego con la destinazione finale, dovendo essere ricondotto alle stesse caratteristiche di un fango derivante da scarichi civili e quindi depurato di tutte quelle componenti di contaminazione tipicamente di origine industriale. L'uso agronomico presuppone infatti che il fango sia ricondotto al rispetto dei limiti previsti per le matrici ambientali a cui dovrà essere assimilato (e quindi anche quelli previsti dalla Tab. 1, colonna A dell'allegato 5, al titolo V, parte IV, D.Igs. n. 152 del 2006), salvo siano espressamente previsti, esclusivamente in forza di legge dello Stato, parametri diversi, siano essi più o meno rigorosi, nelle tabelle allegate alla normativa di dettaglio (decreto n. 99 del 1992) relativa allo spandimento dei fanghi o in provvedimenti successivamente emanati.


 


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