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02-05-2017
Cassazione penale, gestione rifiuti associazione sportiva
dilettantistica
La Corte di Cassazione, con la Sentenza n. 20237 del 28 aprile
2017, si è pronunciata sulla fattispecie di gestione dei
rifiuti da parte di una associazione sportiva
dilettantistica.
La Terza Sezione penale della Corte di cassazione ha affermato che
sussiste il reato di cui all’art. 256, comma 2, D.Lgs. n.
152 del 2006 a carico del rappresentante di un’associazione
sportiva dilettantistica (nella specie di tiro a volo) per
l’abbandono di rifiuti derivanti da tale attività, rientrando anche
tali associazioni senza scopo di lucro nella nozione di enti ai quali fa
riferimento la disposizione citata.
Nel caso di specie, il Tribunale aveva ritenuto
responsabile il presidente dell'associazione sportiva dilettantistica
del reato di cui all'art. 256, comma 2 d.lgs. 152/2006,
perché abbandonava in maniera incontrollata i rifiuti prodotti
dall'attività, consistiti in resti di piattelli, barre in plastica, bossoli
esplosi e pallini di piombo, nonché del reato di cui all'art. 257,
comma 1 d.lgs. 152/2006, per non aver effettuato la comunicazione
di cui all'art. 242 del medesimo decreto al verificarsi di un evento
potenzialmente in grado di contaminare il sito a seguito dell'abbandono dei
rifiuti sopra indicati.
Secondo la Corte, non vi è dubbio che un'attività altamente
inquinante quale quella del tiro a volo, che produce una quantità
di rifiuti non indifferente ed anche di un certo impatto sull'ambiente,
quali pallini in piombo, plastiche e bossoli esplosi, ripetuta nel tempo
(nella fattispecie, da oltre trenta anni) ed esercitata da più persone,
rientri pienamente tra quelle considerate maggiormente a rischio dal
legislatore.
Pertanto, la Corte ha affermato che, "nella nozione
di enti cui fa riferimento l'art. 256, comma 2 d.lgs. 152\06
rientrano anche le associazioni e che integra il reato sanzionato
da tale disposizione l'abbandono, da parte del rappresentante di
un'associazione sportiva dilettantistica di tiro al volo, dei rifiuti
derivanti da tale attività".
In relazione al secondo reato, la Corte ha ribadito che "l'art.
257 d.lgs. 152/2006, comma 1 sanziona due distinte condotte,
la seconda delle quali riguarda la mancata effettuazione della comunicazione
di cui all'articolo 242 del medesimo decreto e prescinde
dal superamento delle soglie di contaminazione dell'area
inquinata".