News / Giurisprudenza / Rifiuti
05-09-2017
Cassazione penale, qualifica sottoprodotto e prova testimoniale
La Corte di Cassazione, con la Sentenza n. 38950 del 7 agosto
2017, si è pronunciata sulla qualifica di sottoprodotto
confermando che non può essere accertata con prova testimoniale.
Dalla definizione fornita dalla legge emerge chiaramente che il
legislatore ha voluto specificare in modo dettagliato quali siano le
condizioni perché un determinato residuo possa qualificarsi come
sottoprodotto e che la sussistenza delle condizioni indicate debba essere
contestuale, sicché, anche in mancanza di una sola di esse,
il residuo rimarrà soggetto alle disposizioni sui rifiuti.
Inoltre, trattandosi, in tali casi di norme aventi natura
eccezionale e derogatoria rispetto alla disciplina ordinaria in
tema di rifiuti, l'onere della prova circa la sussistenza
delle condizioni di legge deve essere assolto da colui che ne
richiede l'applicazione.
E’ del tutto evidente che tale prova non può certo essere fornita
mediante mera testimonianza, come si sostiene in ricorso, atteso
che l’art. 184-bis d.lgs. 152\06 richiede condizioni specifiche
che devono essere adeguatamente documentate anche e soprattutto sotto il
profilo prettamente tecnico, involgendo, come è noto, le caratteristiche del
ciclo di produzione, il successivo reimpiego, eventuali successivi
trattamenti, la presenza di caratteristiche atte a soddisfare, per
l'utilizzo specifico, tutti i requisiti pertinenti riguardanti i prodotti e
la protezione della salute e dell'ambiente e l’assenza di impatti
complessivi negativi sull'ambiente o la salute umana.
Dunque il semplice riferimento al reimpiego o alla
possibilità di un reimpiego da parte del testimone, come avvenuto nel caso
di specie, ancorché accompagnato da specificazioni sollecitate nel corso
dell’esame, come rilevato in ricorso, non può ritenersi sufficiente
ad assolvere al rigoroso onere probatorio richiesto dalla disciplina di
settore.