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News / Giurisprudenza / Rifiuti

22-05-2018

Cassazione penale, inosservanza prescrizioni autorizzazione

La Corte di Cassazione, con la Sentenza n. 18891 del 3 maggio 2018, si è pronunciata sulla fattispecie di inosservanza delle prescrizioni previste nell'autorizzazione.

L’art. 256, comma 4, d.lgs. n. 152 del 2006 è norma penale in bianco il cui contenuto è delimitato dalle prescrizioni delle autorizzazioni in relazione alla finalità delle stesse e rappresenta un esempio della cosiddetta amministrativazione del diritto penale, cioè dell'apprestamento di una sanzione penale per la violazione di disposizioni e precetti o prescrizioni amministrative di particolare rilevanza. Si tratta di un reato di pericolo che si verifica con la semplice inosservanza di una prescrizione prevista nell'autorizzazione, sia che la prescrizione discenda da previsioni legislative recepite nell'autorizzazione, che da prescrizioni integrative inserite dall'autorità amministrativa indipendentemente da una previsione di legge.

Nel caso di specie - relativo ad un impianto di recupero di rifiuti speciali - il legale rappresentante rispondeva del reato di cui all'art. 256, comma 1, lett. a), e comma 4, d.lgs. 152/2006, in quanto deteneva presso lo stabilimento quantitativi di rifiuti speciali non pericolosi (pietrisco) in misura superiore alla quantità di giacenza istantanea autorizzata.

Deduce la difesa che il quantitativo istantaneo massimo stoccabile prescritto in autorizzazione debba far riferimento esclusivo ai rifiuti non ancora sottoposti a trattamento di recupero, con esclusione pertanto di quelli già trattati ma non ancora sottoposti a test di prestazione, come il pietrisco rinvenuto in sede di accertamento e che era già stato analizzato, con esito positivo, con la metodica del test di cessione previsto dal DM 05/02/1998. In buona sostanza, il limite previsto nell'autorizzazione fa riferimento esclusivo ai rifiuti in ingresso, non a quelli esitati dopo il trattamento di recupero.

Secondo la Corte, la tesi difensiva è manifestamente infondata.

Osserva il Collegio che tale interpretazione non considera che i rifiuti esitati dall'attività di trattamento, che non hanno ancora cessato di essere tali, continuano ad essere assoggettati alla disciplina in materia di gestione dei rifiuti (art. 184-ter, u.c., d.lgs. n. 152 del 2006) per cui concorrono alla determinazione della quantità massima di rifiuti legittimamente stoccabili presso l'impianto di recupero. Diversamente ragionando, si consentirebbe di fatto l'incontrollato ed indiscriminato allargamento delle quantità massime di rifiuti che possono essere gestite dagli impianti di trattamento ai sensi degli artt. 6 e 7, d.m. 5 febbraio 1998.


 


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