Cassazione penale, attività o mestiere rumoroso

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 19971/2023, si è pronunciata sull’esercizio di un’attività o di un mestiere rumoroso distinguendo tra la fattispecie di illecito amministrativo o penale.

L’esercizio di una attività o di un mestiere rumoroso, integra:

  • A) l’illecito amministrativo di cui all’art. 10, comma 2, della legge n. 447 del 1995, qualora si verifichi esclusivamente il mero superamento dei limiti di emissione del rumore fissati dalle disposizioni normative in materia;
  • B) il reato di cui al comma primo dell’art. 659 cod. pen., qualora il mestiere o l’attività vengano svolti eccedendo dalle normali modalità di esercizio, ponendo così in essere una condotta idonea a turbare la pubblica quiete;
  • C) il reato di cui al comma secondo dell’art. 659 cod. pen., qualora siano violate specifiche disposizioni di legge o prescrizioni della Autorità che regolano l’esercizio del mestiere o della attività, diverse da quelle relativa ai valori limite di emissione sonore stabiliti in applicazione dei criteri di cui alla legge n. 447 del 1995

Nel caso di specie, il Tribunale ha dichiarato la penale responsabilità in ordine al reato di cui all’art. 659 cod. pen. in quanto, nella qualità di gestore dell’esercizio commerciale (Bar Caffetteria), “mediante schiamazzi della clientela e rumori delle apparecchiature”, disturbava il riposo di un dimorante nell’appartamento posto al piano superiore rispetto al citato esercizio commerciale.

Diversamente, secondo la Corte, per come delimitato il campo di azione della ipotesi contravvenzionale di cui al comma secondo dell’art. 659 cod. pen., rileva che nel caso di specie non è stato indicato nel capo di imputazione, né essa è in qualche modo ricavabile dall’esame del testo della motivazione della sentenza impugnata, quale sarebbe stata la norma di legge ovvero la disposizione della Autorità (diverse da quelle relative ai valori limite di emissione sonore) che, nella gestione della sua attività commerciale, il ricorrente avrebbe violato.

Di conseguenza, la Corte ha annullato senza rinvio la sentenza impugnata, limitatamente alla condotta riconducibile alla fattispecie di cui all’art. 659, comma 2, cod. pen., perché il fatto non è previsto dalla legge come reato, e con rinvio, limitatamente al trattamento sanzionatorio per le residue condotte, qualificate ai sensi dell’art. 659, comma 1, cod. pen., al Tribunale in diversa composizione per nuovo giudizio sul punto.


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