La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 27671/2025, si è pronunciata sulla fattispecie di illecita gestione di rifiuti e forza maggiore.
Le condotte penalmente rilevanti possono essere attribuite a forza maggiore solo quando derivino da fatti non imputabili all’imprenditore, il quale non abbia potuto tempestivamente porvi rimedio per cause indipendenti dalla sua volontà e che sfuggono al suo dominio finalistico.
La forza maggiore postula la individuazione di un fatto imponderabile, imprevisto ed imprevedibile, che esula del tutto dalla condotta dell’agente, sì da rendere ineluttabile il verificarsi dell’evento, non potendo ricollegarsi in alcun modo ad un’azione od omissione cosciente e volontaria dell’agente.
In relazione al reato di illecita gestione di rifiuti le difficoltà gestionali riconducibili alla carenza di personale non integrano gli estremi della forza maggiore, poiché, il reato è punito a titolo di colpa, ravvisabile anche nel non aver implementato il personale a seguito di tali vicissitudini.
Nel caso di specie, l’imputato, su cui gravava l’onere di dimostrare l’avvenuta ottemperanza a tutti i presupposti affinché potesse ricorrere il deposito temporaneo, non ha rispettato le condizioni previste per l’applicazione dell’art. 185-bis, d.lgs. 152/2006, ciò che preclude, pertanto, l’applicabilità della disciplina di favore.
Difatti, si legge in sentenza, il ricorrente non ha provveduto a raggruppare i rifiuti per categorie omogenee; né ha adottato accorgimenti per evitarne la loro dispersione nell’ambiente o sul suolo, potendo, in tal modo, arrecare pregiudizio all’ambiente e alla salute dell’uomo.
Quindi, la responsabilità penale dell’imputato – al contrario di quanto sostenuto dalla difesa – non può essere esclusa a causa delle difficoltà di gestione dell’azienda dovuta alla carenza di personale nell’allevamento a cui aveva dovuto far fronte il ricorrente, non integrando gli estremi della forza maggiore come causa di giustificazione del reato.